Folle disegno di legge… Poveri bambini 😔

Probabilmente il senatore Pillon (Lega) ha le idee un po’ confuse, perché per partorire quella che a mio avviso è un’idea folle, deve aver pensato prima ai bisogni dei genitori (più che altro dei padri), subordianando a questi l’equilibrio psicofisico dei figli. È vero che le associazioni dei padri separati premono per ottenere diritti che una volta erano loro negati ma è pur vero che tanto si è fatto in questa direzione, com’è giusto che sia. Adesso i figli sono assegnati ad entrambi i genitori ed i padri godono di ampio diritto di visita. Non è certo l’aggiunta del pernottamento che può aiutare i rapporti tra padri e figli. Questa la proposta di legge:

http://www.tgcom24.mediaset.it/politica/separazione-si-cambia-via-l-assegno-per-i-figli-e-l-assegnazione-della-casa_3159175-201802a.shtml

A prescindere dalle considerazioni di ordine economico, mi domando come si possano trattare i figli alla stregua di pacchi postali, senza fissa dimora, facendoli stare 15 giorni a casa di un genitore e 15 a casa dell’altro, dando loro una doppia residenza, senza che questa instabilità si ripercuota sul loro equilibrio mentale. Un bambino o un ragazzo hanno bisogno di sentirsi a casa in qualche luogo, dove tenere le proprie cose, sentirsi al sicuro. La casa è come un rifugio, una tana che ti fa sentire al sicuro dalle avversità, che ti fa sentire accolto, protetto, come in un guscio. Ma perché sia tale può essere una sola. Avete mai visto una tartaruga che se ne va in giro con due carapaci o una lumaca con due gusci? La casa è una e una soltanto. L’idea che un bambino non sappia quale posto chiamare veramente casa, perché ne ha due con le medesime potenzialità, è aberrante. Non si sentirà davvero a casa in nessun luogo. Pensate come può sentirsi un ragazzo che va o torna da scuola ogni volta in un luogo diverso, che deve portare con sé tutti i libri e quaderni, tutto ciò che gli serve per lo sport e così via… Sarebbe una vita infernale. Ma quale genio deve aver consigliato questo senatore per fargli partorire un’idea del genere? Quale terapeuta dell’età evolutiva ha dato il suo avallo (probabilmente prezzolato) ad una follia del genere (sempre che un esperto in materia sia stato consultato)? Ma ci vogliamo rendere conto che la priorità dovrebbe essere la stabilità emotiva, la salute psicofisica sancita dalla Costituzione, delle nuove generazioni? Non bastano i danni che abbiamo già fatto e ancora stiamo facendo? È sufficiente ascoltare il telegiornale tutti i giorni per capire che stiamo sbagliando qualcosa: ragazzi che aggrediscono i docenti o i genitori, baby gang, bullismo, violenza di ogni tipo e l’arroganza di chi sa che resterà impunito. Vogliamo peggiorare ulteriormente le cose? Quando si cerca di garantire il diritto di tutti, non esistono più i diritti di nessuno. Già gli antichi romani dicevano che in media stat virtus, cioè che si deve trovare il giusto equilibrio in ogni cosa. La nostra società è da tempo avviata sempre più allo sfascio, ma evidentemente si sta cercando di accelerare le cose.

Davvero si crede che, in materia di diritto di famiglia, una legge possa sempre andar bene per tutti? Il punto, semmai, è proprio questo. I casi andrebbero analizzati singolarmente, perché non è possibile generalizzare. Quello che va bene ed è giusto per uno non lo è per un altro. E si dovrebbero avere esperti davvero competenti a valutare le singole situazioni familiari, non gente assunta grazie a spinte e pressioni politiche. I danni maggiori li fanno proprio gli incompetenti messi nei posti sbagliati: assistenti sociali, psicologi, avvocati e giudici senza scrupoli, incapaci di fare bene il proprio lavoro che, invece di preoccuparsi davvero del futuro dei nostri ragazzi, si preoccupano di mettersi in mostra per fare carriera.

Ma poi mi domando: davvero possiamo mettere un argomento così importante nelle mani di uno che è tornato ai tempi della Santa Inquisizione con la sua caccia alle streghe? Sembrerebbe un pazzo esaltato, un crociato dei giorni nostri, quindi completamente anacronistico, fuori dal tempo. Leggere per credere…

https://www.corriere.it/video-articoli/2018/03/14/neo-senatore-lega-adesso-battaglia-contro-stregoneria-scuola/78e96c78-2793-11e8-bb9f-fef48ac89c0b.shtml

https://www.corriere.it/video-articoli/2018/03/14/neo-senatore-lega-adesso-battaglia-contro-stregoneria-scuola/78e96c78-2793-11e8-bb9f-fef48ac89c0b.shtml

http://m.espresso.repubblica.it/attualita/2018/03/14/news/dopo-il-gender-e-allarme-streghe-la-battaglia-del-neosenatore-leghista-nelle-scuole-1.319535

https://www.fanpage.it/il-neo-senatore-leghista-pillon-contro-la-stregoneria-insegnata-scuola/

https://www.tpi.it/2018/03/15/senatore-lega-stregoneria-scuola/

E dire che, a quanto pare, il Senatore Pillon ha fatto anche parte della commissione adozioni internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è stato direttore del consultorio familiare “La Dimora” di Perugia, nonché tra gli organizzatori di tre Family Days, nel 2007, 2015 e 2016. Essendo profondamente legato alla Chiesa cattolica, c’è da domandarsi quanto questo abbia influito sulla sua ascesa al potere, di quali appoggi occulti abbia goduto e goda.

Io ho tratto le mie conclusioni. A voi le valutazioni finali…

L’Italia delle incostituzionalità: diritto alla salute? La legge non è uguale per tutti…

Partiamo dal concetto di Costituzione: nel diritto, la Costituzione di una nazione rappresenta l’atto normativo fondamentale su cui si basano tutte le regole di uno Stato.

La Costituzione italiana prevede, all’art. 32, il diritto alla salute:
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Ancora, all’art. 3 della Costituzione, si parla di uguaglianza tra i cittadini:
Tutti i cittadini hanno pari dignita’ sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Dal primo dei due articoli che ho esposto si deduce in via immediata che, in Italia, chi ha buona disponibilità economica si può certamente curare grazie alle proprie risorse e chi è”indigente” (nullatenente e/o nullafacente) si può curare gratuitamente. E chi sta nel mezzo, cioè i tre quarti degli italiani? Recentemente il contratto dei metalmeccanici, come di alcune altre categorie (ad esempio chi lavora nel settore alberghiero ed altri), ha inserito l’obbligo per i datori di lavoro di provvedere ad un fondo sanitario integrativo per i propri dipendenti e le loro famiglie. Grazie a tale fondo, i metalmeccanici, i loro coniugi e figli possono avvalersi di controlli e cure gratuitamente, senza pagare il ticket o altro. Lo trovo giustissimo. Ma per tutti gli altri? L’opinione pubblica italiana ritiene che tutti i professionisti, gli imprenditori e i commercianti navighino nell’oro ed evadano le tasse. In realtà non è così. Anche grazie ai ripetuti periodi di crisi, ci sono molti professionisti, piccoli commercianti, imprenditori e artigiani che, nonostante l’idea diffusa, non hanno la possibilità di evadere le tasse perché non guadagnano abbastanza: le tasse le evade chi ha grossi introiti, non chi tira a campare. Poi ci sono i lavoratori del settore pubblico, semplici impiegati o insegnanti. Tanto i primi quanto i secondi non hanno la possibilità di curarsi a causa del costo elevato del ticket e delle eventuali addizionali regionali, specialmente se in famiglia entra un solo stipendio a causa della disoccupazione o del crescente numero delle separazioni, e la casa è di proprietà (come capita a tanti italiani i cui genitori, in passato, potevano investire sul mattone per i propri figli), perché non possono essere considerati indigenti. È un paradosso: se hai la casa di proprietà ed hai un solo stipendio in famiglia, per lo Stato italiano non sei indigente. Ciò nonostante muori di fame e non puoi permetterti di fare prevenzione o curarti. In alcune regioni, come la Campania, ogni anno in autunno terminano i fondi e quindi le prestazioni si devono pagare per intero, senza potersi nemmeno avvalere del ticket (che spesso è più oneroso del costo della prestazione privata). Si configura quindi una diseguaglianza giuridica, prima ancora che sociale, perché solo una parte dei lavoratori dipendenti ha diritto al fondo sanitario integrativo.

Purtroppo proliferano coloro che intestano tutto a familiari non conviventi, specialmente se hanno coniugi originari dell’Europa dell’Est dove il costo della vita, rispetto al nostro, è irrisorio, attuano finte separazioni e lasciano le case intestate ad “ex coniugi”, lavorano in nero e risultano nullatenenti. In questo modo hanno la riduzione di spesa delle utenze, sport gratis per i figli, prestazioni sanitarie gratuite e, per certi versi, campano meglio degli altri. Sia ben chiaro che non voglio entrare nel merito dei guadagni di chi davvero è indigente e di chi finge, poiché l’Italia a torto o a ragione è piena di furbetti, dico solo che, a differenza di quanto è precisato all’art. 3 della Costituzione italiana, la legge non è affatto uguale per tutti. Se così fosse, l’obbligo al fondo sanitario integrativo sarebbe istituito per tutte le categorie di lavoratori, non solo per alcune, e tutti avrebbero la possibilità di curarsi o fare prevenzione.
Se uno Stato attraverso le proprie leggi disattende il proprio mandato costituzionale in tema di uguaglianza e sanità, due nodi cruciali, come si può definire quello stesso Stato una Repubblica democratica? A voi l’ardua sentenza…

Osteria

https://wp.me/s8aoAn-osteria

Ho trovato questo racconto delizioso e ho deciso di riproporlo sul mio blog, perché è dolce-amaro, presentato con grande delicatezza. La narratrice della vicenda e la scrittrice sembrano scambiarsi i ruoli, il racconto terribile è presentato con un senso di serena ineluttabilità. A me è piaciuto molto. Spero piaccia anche a voi.

Interrail – considerazioni finali.

La nostra lunga avventura è terminata e non ci sono stati intoppi. Ma è arrivato il momento di tirare le somme e fare alcune considerazioni.

1) Se decidete di intraprendere un’avventura del genere è il caso di partire con largo anticipo, per avere il tempo di organizzare il viaggio con tutte le eventuali prenotazioni, spalmare la spesa di queste su più mesi, trovare i posti sui treni, avere maggiore possibilità di scelta per gli alloggi a prezzi inferiori ed infine per prenotare eventuali attrazioni con tutta calma.

2) Verificate se è il caso di fare un interrail di 1° classe piuttosto che di 2°, perché se è vero che costa un poco in più, consente di prenotare cuccette o vagoni letto in caso di viaggi notturni, che altrimenti sono decisamente pesanti. Nessuno, poi, vi costringe a prenotare gli spostamenti diurni in 1° classe. La scelta dipende dall’età degli interrailers 😜.

3) In passato fare l’interrail era l’unico modo economico che avevano i giovani per girare l’Europa. Non c’era bisogno di prenotare alcun treno e si poteva salire e scendere dai convogli a piacimento, mentre adesso ci sono dei limiti. Inoltre, in giro non c’era l’alto numero di viaggiatori che c’è attualmente e si poteva decidere una tappa all’ultimo minuto senza problema, perché si trovava facilmente posto, e tutto era molto più easy. Per finire, spesso i ragazzi andavano negli ostelli, che in genere erano delle topaie a basso costo. Adesso sono dei veri e propri alberghi e non sono più tanto economici né facilmente liberi. Tutto questo fa sì che si debbano organizzare tappe, spostamenti e alloggi in largo anticipo, perdendo un po’ della spontaneità di questo tipo di esperienza ed i costi non sono più tanto alla portata dei ragazzi.

4) Per ovviare ai problemi di cui al punto precedente, si può pensare di evitare le capitali e le mete più conosciute per andare alla scoperta di sentieri meno battuti, paesini e villaggi che, magari, sono anche più interessanti. Oppure ci si può rivolgere ai paesi dell’Est Europa che, a quel che so, meritano davvero di essere visti.

5) A differenza dei treni italiani, nei paesi nordeuropei i treni spaccano il minuto, funzionano, e si sa da quale binario partono con molte ore di anticipo. Allora mi domando: perché diavolo in Italia è così facile che non siano puntuali e, soprattutto, perché il numero del binario si conosce solo pochi minuti prima della partenza del treno (quando non cambiano il binario addirittura all’ultimo!!!)? Per carità, i nostri treni sono spesso più belli, ma a questa bellezza in genere non corrisponde altrettanta comodità.

6) Sono alcuni anni, ormai, che vado e vengo da Roma in treno ma non ho mai incontrato interrailers, tanto che credevo che questo tipo di viaggio non esistesse più. In giro per l’Europa se ne vedono di più. Come mai? È una pratica poco pubblicizzata da noi, snobbata dai nostri ragazzi, o semplicemente ormai troppo dispendiosa? Questa risposta la lascio a voi…

7) Considerazioni sulla Germania: non c’è bisogno di preoccuparsi se non si conoscono le lingue. In questo paese ci sono moltissimi italiani o figli di italiani ed è estremamente facile trovare qualcuno che possa parlare con noi. Non sempre è un popolo così preciso e onesto: spesso saltano le file e talvolta si trovano i furbetti che cercano di imbrogliarti. Tutto il mondo è paese! (Ovviamente le mie generalizzazioni non vanno intese come tali ma si riferiscono a comportamenti più o meno diffusi che non solo in questo viaggio ho avuto modo di notare tra tanti, non tutti, gli abitanti della Germania).

8) A proposito della Germania: fanno un cappuccino più buono del nostro (specialmente a Berlino!), il che spiega forse la passione teutonica per questa bevanda.

9) Sebbene Copenhagen sia mediamente una bella città e ben organizzata, a parte il centro è un luogo piuttosto triste, privo di vita e poco movimentato. Dopo le 18 si svuota e dopo le 22 è un autentico deserto. Forse per questa ragione è la città che ci è piaciuta meno.

10) Come è facile immaginare, Amsterdam è l’esatto opposto di Copenhagen: vitale, gioiosa, piena di giovani e di turisti, molto meno “scombinati” di quanto si possa credere. Non si smetterebbe mai di fare shopping, dalle scemenze per turisti (in special modo), ai formaggi e alla cioccolata. È però una città carissima, forse la più cara che abbiamo visitato nel nostro tour, insieme ovviamente a Copenhagen.

11) Londra. Per fortuna avevo avuto modo di vederla, in passato, nel mese di aprile. Mai più tornerò in estate: calda, caotica, superaffollata. Vi sconsiglio di vederla in luglio e agosto. La odiereste. Anche qui lavorano molti italiani. Gli inglesi sono generalmente molto cortesi ma risultano un po’ “ingessati”. Non aspettatevi grandi slanci sebbene, ripeto, siano molto cortesi. Merita, comunque, una visita piuttosto lunga: sono tante le cose da fare e da vedere.

12) York è molto turistica e molto piccola: non vale la pena soffermarsi più di due giorni a meno che non si vogliano vedere anche i dintorni, cioè lo Yorkshire.

13) Edimburgo: che dire?! Sono di parte. Noi l’abbiamo amata più di qualunque altra tappa. Tanto sono freddi ed educati gli inglesi, tanto sono socievoli, allegri ed ospitali gli scozzesi! Non è improbabile incrociare per strada uomini con il kilt anche se non è così frequente come si possa immaginare. E non lasciatevi impressionare: l’haggis è squisito!!! Se riuscite ad andare a Edimburgo nelle prime settimane di agosto è anche meglio: potreste vedere il Military Tattoo che noi, purtroppo, ci siamo perse. I ristoranti chiudono le cucine alle 21,00 ma i numerosi pub e cocktail bar chiudono alle 23,00. O meglio, da quell’ora non possono ospitare avventori all’esterno dei locali.

14) Mancavo da Parigi da trent’anni. C’ero stata due volte e l’avevo amata. Adesso è molto più sporca, caotica e disorganizzata. Sono arrivata quasi ad odiarla. Anche qui, probabilmente, abbiamo scelto il periodo sbagliato. Inoltre abbiamo notato che i parigini non sorridono mai, né gli adulti né i bambini… Che tristezza! In compenso i francesi di seconda generazione, decisamente belli e piuttosto raffinati, sono più disposti al sorriso (ciò vale specialmente per gli uomini… Scusate se sono di parte! 😜)

15) Tornando al confronto tra i vari paesi europei con l’Italia, stavolta mi soffermo su Salerno. Abbiamo la cosiddetta metropolitana leggera, cioè una linea ferroviaria che collega lo stadio Arechi alla stazione di Salerno ogni 20 minuti ed è stata aggiunta qualche fermata urbana ai treni regionali tra Salerno e Napoli. Ma il problema, affrontato spesso anche dai turisti, è l’acquisto dei biglietti. Sì, perché se sei straniero non saprai mai dove comprarli. E anche se sei salernitano e devi prendere la metropolitana quando i tabaccai sono chiusi, dovrai sicuramente andare a piedi. Mi domando: ma qui non hanno mai sentito parlare di biglietterie automatiche? È così difficile installarne un paio in ogni stazione?

16) Una cosa che mi ha particolarmente colpito: in Danimarca, patria della Ceres, e in Scozia, patria della Tennents, queste birre non si vedono da nessuna parte. Ma la cosa che più mi ha stupito, quasi ovunque, è il fatto che è molto venduta ed apprezzata la birra italiana: Moretti, Nastro Azzurro e soprattutto la Peroni sono diffusissime e molto richieste. Francamente, non l’avrei mai pensato…

17) Paese che vai, usanze che trovi. Parliamo dei semafori. Di Amsterdam ho già parlato ampiamente nel capitolo a questa riservato (https://arabafelicissima.com/2018/07/16/diario-di-viaggio-parte-3-amsterdam/) . Per quanto riguarda Copenhagen, pare che se i pedoni non attraversano sulle strisce questi possano anche essere arrestati (un po’ esagerato ma tant’è!). A Londra, ho constatato che la zona di Marylebone ha semafori per i pedoni non sincronizzati, per cui se diventa verde per l’attraversamento di una carreggiata, contemporaneamente diventa rosso per l’attraversamento della seconda. Ma l’assurdità totale l’ho trovata a Parigi… Attenti ad attraversare col verde: se lo è per i pedoni, lo è anche per le auto che devono svoltare in direzione degli stessi. Sì, avete letto bene: il verde scatta sia per i pedoni sia per le vetture che devono svoltare ed è una gran confusione. Forse per questo a Parigi nessuno rispetta semafori o strisce pedonali. Ma proprio nessuno. Mai! Avevo visto questo comportamento solo da noi.

18) Se decidete di andare a Parigi, vi conviene verificare prima quali musei volete visitare, i giorni di chiusura anche parziale ed i costi, che spesso non includono tutti i settori degli stessi. Fate un confronto con il costo del pass e di ciò che lo stesso include. Attenzione, perché quando vedete l’elenco dei musei inclusi, non è scritto da nessuna parte che alcuni settori, spesso i più interessanti, di quegli stessi musei si devono pagare a parte, perché non inclusi nel pass. Personalmente, trovo tutto ciò disonesto o, in ogni caso, scorretto. Difatti una cosa del genere è avvenuta solo in Francia. Quindi verificate con attenzione prima di acquistare il pass.

Avrei voluto stilare un semplice decalogo di considerazioni finali ma, a mano a mano che scrivevo, mi venivano in mente altre cose e così, tanto per variare, mi sono dilungata un po’ troppo. Spero che abbiate trovato interessante il mio diario di viaggio e che vi fossero spunti utili per le vostre prossime avventure. Grazie per avermi seguito! Alla prossima! 🤗

Diario di viaggio – parte 7: l’ultima tappa. Parigi.

26/07: inizia il nostro lungo viaggio da Edimburgo a Parigi. Partiamo la mattina molto presto e prendiamo il treno per Londra. Io scrivo sul mio blog mentre le ragazze dormono. Arrivate a Londra prendiamo l’Eurostar per Parigi ma stavolta siamo preparate e tutto va liscio. Arriviamo in tardo pomeriggio con un caldo a dir poco infernale, mentre alla stazione distribuiscono bottiglie di acqua per alleviare il disagio. Dobbiamo trovare un mezzo per arrivare nella zona di Saint Lazare, dove si trova il nostro appartamento però qui capire come funzionano i mezzi è un po’ complicato: non ci sono indicazioni ma alla fine riusciamo a prendere la metropolitana e ad arrivare a destinazione. L’appartamento è molto carino e si trova in un bel palazzo ma non c’è aria condizionata né ventilatore. Fa caldissimo e temo che stanotte sarà dura dormire. Rimpiangiamo Edimburgo ancora di più.

Andiamo ai magazzini Lafayette, dove c’è l’ufficio informazioni per i turisti, ritiriamo la Paris Museum Pass valida per 4 giorni ed acquistiamo i Paris Visite per i mezzi pubblici. È ora di cena ed andiamo a mangiare in un locale sotto casa, dove ci fanno pagare la bellezza di 7,50 € solo un litro di acqua liscia!!! 😱

Vabbè, è stata una giornata lunga e pesante… Andiamo a dormire, che è meglio!

27/07: stamattina, col caldo infernale, decidiamo di chiuderci nel Louvre, con la speranza di stare più fresche. Così andiamo a trascorrere tutta la giornata lì. Ma si crepa di caldo anche in oltre la metà delle sale del museo che, stranamente, non sono condizionate.

È una struttura immensa, dispersiva, in cui non è chiaro l’ordine espositivo delle sale. Caotico e senza indicazioni chiare. Pessimo. Non mi piace affatto. Non so quanto sia vincente l’idea di mettere insieme così tante cose in un’unica struttura. È noioso e stancante guardare tante opere e se ne perde il valore e la bellezza. Intorno a La Gioconda ci sono imponenti misure di sicurezza ed una folla indicibile. Francamente non ne capisco la ragione. Se si vuole apprezzare l’opera di Leonardo, trovo più bella la Vergine delle Rocce che non ottiene la stessa attenzione; tutt’altro.

Siamo in giro tra le sale tutto il giorno, è interessante ma terribilmente faticoso. Per strane ragioni il venerdì è chiusa una zona all’ultimo piano del museo, dove sono esposti alcuni dipinti di Ingres che vorrei vedere. Pazienza!

Vediamo la Venere di Milo, la Nike di Samotracia, e tante altre opere più recenti famosissime, da Mantegna a Caravaggio, Gericault, Delacroix ecc…

Alla fine del giro assistiamo ad una scena da film: sotto la piramide di vetro, un uomo di colore si inginocchia davanti ad una donna che ha il passeggino con un bimbo, apre una scatolina con l’anello e le chiede di sposarlo. Gesù! Queste cose accadono davvero? Da non credere!!! Comunque lei accetta e si baciano in mezzo ad uno scroscio di applausi.

Quando usciamo diluvia e torniamo a casa inzuppate. Ma speriamo che da domani si respiri un po’ di più.

28/07: oggi decidiamo di andare alla Città della Scienza. Nonostante il nostro Pass, per entrare nelle sezioni più interessanti, oltre che per vedere gli spettacoli del Planetarium, dobbiamo inspiegabilmente pagare dei notevoli extra (comprensibile solo per la visione degli spettacoli). Ci dicono che possiamo avere le audioguide in italiano ma l’addetta è assente e quando lo facciamo presente i suoi colleghi vanno un po’ nel pallone ma poi riescono a risolvere. La struttura è interessante ma in Italia ho visto di meglio. Mi aspettavo qualcosa di più.

All’uscita ci dirigiamo dall’altra parte della città per salire sulla torre di Montparnasse, un grattacielo altissimo con gli ascensori più veloci d’Europa, per godere del panorama più bello della città. Ma scopriamo che non è incluso nel Pass dei musei, come ero convinta, ed il prezzo per salire è decisamente troppo alto, così andiamo via.

29/07: oggi, per prima cosa, è il turno del Centre Pompidou. Anche qui scopriamo che, nonostante il pass, c’è una parte del museo che può essere visitata solo pagando un’altra somma. Francamente non comprendo a cosa serva questo pass, che è stato tutt’altro che economico, se poi devo pagare le cose più interessanti a parte. Questo dettaglio non è evidenziato sull’unico sito italiano autorizzato a vendere i pass per i musei e i mezzi di Parigi.

Ammetto che questo Centro non mi fa impazzire. C’è un livello con opere di grandi artisti come Mondrian, Braque, Matisse, Kandindskij ed altri ma il resto mi lascia un po’ perplessa. Molto adatto ai radical chic. Si vede che io sono più terra terra…

Da qui ci dirigiamo verso l’Ile de la cité ed andiamo a visitare la Cattedrale di Notre Dame. La fila per entrare è lunghissima ma si muove molto in fretta. È una Cattedrale gotica magnifica.

Da lì ci dirigiamo alla Saint Chapelle, con le sue vetrate policrome altissime. È strutturata come la Basilica di San Francesco ad Assisi: due livelli sovrapposti, solo che qui la struttura ha una superficie molto più piccola. Non sapevo che la nostra Basilica avesse un parallelo in misura ridotta in Francia.

Trovandoci, abbiamo visitato la Conciergerie, dove si trovano anche le celle in cui fu imprigionata Maria Antonietta.

Siamo stanche ma il pass per i musei dura solo 4 giorni ed oggi è già il terzo. Quindi decidiamo di andare a visitare l’Orangerie, dove sono esposte le famosissime Ninfee di Monet. Dovremmo camminare ma siamo in giro da stamattina, quindi decidiamo di prendere la metropolitana: sono solo due fermate. Non l’avessimo mai fatto!!! Non c’è nessuna indicazione che ci avvisi che le fermate tra qui e l’Arco di Trionfo sono chiuse. Il metrò salta ben 6 fermate! Ci portano dritte dritte nel cuore del manicomio cittadino, sotto l’arco.

Usciamo e troviamo una folla pazzesca, una manifestazione con carri carnescialeschi, strade chiuse… Ma che diavolo succede?! La metropolitana per tornare indietro è chiusa. Dobbiamo fare gli Champs Elysée a piedi nella speranza di poter prendere un mezzo alla fine di questi. Mentre camminiamo scopriamo il motivo di tanta confusione: c’è l’arrivo dell’ultima tappa del Tour de France… Le maledizioni contro il Tour, la disorganizzazione cittadina ed i francesi si sprecano, confesso. Ma come? Considerando le misure di sicurezza che dovreste avere, invece di facilitare il deflusso della folla dal centro del caos verso le aree esterne, voi convogliate le persone qui? Mettete scientemente in pericolo la gente? Perché? Per mostrare al mondo quanti spettatori ci sono a guardare la tappa finale del Tour? Ma chi se ne frega del vostro stramaledettissimo giro??? E mentre cerchiamo di tornare indietro a piedi, ci fanno allungare ulteriormente il percorso mandandoci in direzione della Senna, facendoci fare dei giri assurdi. Per protestare contro i francesi, una delle mie figlie ed io cantiamo a squarciagola l’inno italiano, mentre l’altra teme che qualcuno possa aggredirci per questo. E ci ritroviamo, dopo due ore e mezza, davanti al Louvre, quasi al punto di partenza… 😖

Siamo distrutte, arrabbiatissime, accaldate. Finalmente riusciamo a prendere i mezzi per tornare a casa e risparmiarci l’ultima mezz’ora di marcia.

30/07: oggi è l’ultimo giorno in cui possiamo visitare i musei ma il lunedì il Musée d’Orsay ed il Museo di Picasso, nel quale in questo periodo è esposta l’opera Guernica, che mi sarebbe piaciuto vedere, sono chiusi. Non ci resta che andare all’Orangerie.

Oltre alle opere di Monet, vediamo altre opere di artisti impressionisti e postimpressionisti fino all’Action Painting di Pollock.

Da qui ci dirigiamo a piedi lungo il fiume fino alla Tour Eiffel, passando davanti a Place de la Concorde ed al ponte Alexandre III.

Arrivate, prendiamo il Bateau Muge per un giro sulla Senna.

Alla fine, andiamo a fare una passeggiata ai giardini del Lussemburgo e, passando da Montparnasse, a guardare le bancarelle dei bouquinistes sulla rive gauche e a fare un giro nel Quartiere Latino.

Quello che ci colpisce sin dal primo giorno, in questa città, è che la gente non sorride mai, nemmeno i bambini. Le mie figlie restano colpite da questa freddezza di comportamento e, francamente, anch’io. Solo nel Quartiere Latino troviamo meno confusione turistica ma c’è una maggiore vitalità e si vede anche qualche sorriso.

31/07: questa mattina decidiamo di andare a visitare il quartiere di Montmartre.

È ovviamente pieno di pseudo-artisti che fanno ritratti ai turisti, quindi decido di far fare un ritratto alle mie figlie.

Tornando, senza nemmeno rendercene conto, passiamo davanti al famosissimo Moulin Rouge: non immaginavo fosse così imponente!

01/08: ultimo giorno qui a Parigi. Siamo stanche, domani ci aspetta un’intera giornata di viaggio in treno e dobbiamo fare i bagagli. Quindi decidiamo di rimanere intorno casa a fare shopping e curiosare tra negozi e ai magazzini Lafayette, che ormai sono costituiti da ben tre edifici enormi. Finalmente troviamo gente che sorride: sono gli strafighi commessi delle gioiellerie e dell’abbigliamento di lusso!

In serata restiamo in piazza Saint Lazare, dove ci sono alcuni suonatori e venditori di Italian street food.

02/08: alle 5,30 arriva il taxi che ci porta alla stazione. Quattordici ore di viaggio ci attendono. Stavolta si torna a casa!!!

Un mese in giro per l’Europa sembra essere volato… Ma questa lunga avventura è giunta al termine.

Diario di viaggio – parte 6: la magnifica Edimburgo.

Eccoci, finalmente, in viaggio per raggiungere la tappa più settentrionale del nostro lungo giro. Stavolta c’è andata male: il treno è pieno e noi abbiamo trovato posto su una carrozza con l’aria condizionata guasta. Il caldo è assolutamente soffocante. Ciò nonostante, il clima è decisamente più cordiale e socievole di quello trovato a Londra. Spesso passa il capotreno a verificare che stiamo tutti bene mentre il personale di bordo distribuisce acqua. Ci sono un paio di giovani famiglie allegre e cordiali con bambini piccoli ed alcune ragazze gentili e sorridenti. L’atmosfera è decisamente gioiosa, nonostante il disagio… Sembra quasi di conoscersi tutti da tempo: grandi sorrisi e tanto buon umore. A Durham metà dei nostri compagni di viaggio scende ed il capotreno ci invita a cambiare carrozza, poiché si sono liberati alcuni posti dove l’aria condizionata funziona (era ora! Dire che stiamo facendo la sauna è poco!). Le ragazze si addormentano in pochi minuti mentre io mi incanto a guardare questi paesaggi quasi incontaminati. Mi sorprendo ancora una volta ad osservare come, così a Nord, il cielo sembri più vasto e come l’impressione di infinito sia più invasiva, ti riempie l’anima. Lo avevo già constatato in Norvegia, vent’anni fa, ma lo avevo quasi dimenticato. È una sensazione strana, affascinante ma allo stesso tempo vagamente ansiogena. E mi lascio ipnotizzare da questa vastità.

Ore 19,06: il treno giunge in stazione. Ci accingiamo a raggiungere l’uscita salendo diverse scale mobili. E quando finalmente usciamo dall’edificio… Meraviglia e stupore! Amore a prima vista per la città più incredibile che abbiamo mai visitato!!! Subito davanti a noi si erge uno scuro monumento, lo Scott Monument, e alla nostra sinistra svetta una rupe grigia con il castello che sembra sorgere dalla terra stessa, come se ne facesse parte, come se dalla terra fossero spuntate le ossa che hanno dato origine al nucleo antico della città, così grigia e così incredibilmente attraente. Restiamo senza fiato. Una delle mie figlie dice: “Mamma, da grande mi voglio trasferire qui. Questo posto è bellissimo!” E restiamo ancora un po’ a guardarci intorno, letteralmente a bocca aperta.

Ma dobbiamo proseguire. Chiediamo informazioni per prendere un autobus che ci porti nella Old Town e ci dicono che i biglietti si fanno al box office oppure a bordo. Così, quando arriva il nostro bus saliamo ma scopriamo che, per fare i biglietti, i soldi devono essere contati, in quanto si mettono in una sorta di box e non si può avere il resto. Ma io non ho monete. Così scendiamo e chiediamo dove possiamo acquistare i biglietti. Pare che, in zona, ci sia un box office. L’autista ci avvisa che, però, a quest’ora è già chiuso. Quando vede il mio disappunto, le due ragazze stanche e tutti i nostri bagagli, ci chiede dove dobbiamo andare (solo due fermate ci attendono) e con un gran sorriso ci fa salire comunque: ci dà un passaggio senza farci pagare. Wow! Che carino! Quando scendiamo, affidandoci al navigatore, cerchiamo di raggiungere il nostro appartamento ma, ad un certo punto, ci blocchiamo e non sappiamo più da che parte andare, perché la strada che dovremmo fare è chiusa per lavori. Apriamo la cartina della città ed iniziamo a cercare un percorso alternativo (tutta la tecnologia del mondo non mi farà mai preferire il navigatore, inaffidabile, alle care vecchie mappe stradali!). Una giovane donna che passa ci vede e, gentile e sorridente, si offre di darci una mano e ci indica la strada. Qui la gente è cordiale, aperta come non abbiamo trovato in nessun altro luogo. Arriviamo all’appartamento, nel quale il gentile proprietario ci fa trovare i fudge, caramelle tipiche del luogo, e decidiamo di scendere subito a cenare. È tardi e per esperienza temiamo di rimanere digiune. Ci sono alcuni cocktail bar in zona ma vediamo diversi ristoranti già chiusi. Ci avviciniamo ad un locale che espone un’insegna secondo la quale si mangiano spaghetti. La cucina italiana all’estero è piuttosto discutibile ma, pur di non restare digiune, decidiamo di entrare. Ci dicono che è tardi, anche se c’è un’unica lunga tavolata di persone che stanno cenando, e ci spiegano che a Edimburgo i ristoranti chiudono le cucine alle 21. Solo i pub chiudono verso le 23 ma lì in zona non ce ne sono. Usciamo dal locale un po’ scoraggiate. Mentre ci guardiamo intorno vediamo che gli avventori del locale parlano con i proprietari ed a gesti e con grandi sorrisi ci fanno segno di entrare e sederci con loro. Sì, perché lì si usa così: ci si siede tutti insieme, si fa amicizia, si conversa. I proprietari si scusano perché hanno solo degli spaghetti cacio e pepe e ci servono una zuppiera enorme di pasta dalla quale noi attingiamo con abbondanza. E poi ci portano mozzarella (vera!), gorgonzola, prosciutto di Parma. E menomale che non avevano più niente!!! Se la cucina fosse stata aperta cosa ci avrebbero dato di più?! Chiacchieriamo e ridiamo con i proprietari e con gli altri ospiti seduti a tavola, come una grande famiglia. Sì, Edimburgo è il posto che fa per noi: cordialità, gentilezza, allegria!!! Scopriamo, così, che in realtà quello è un bar e che per la seconda volta hanno organizzato una sorta di evento con cucina italiana. Avevano già servito, prima del nostro arrivo, spaghetti con crostacei ma li avevano finiti. La fidanzata del proprietario è italiana (ma forse vive in Scozia da quando era bambina, visto il suo marcato accento britannico ed una vaga difficoltà a parlare italiano; ma non curiosiamo oltre). Ci servono, alla fine, una torta di nocciole fatta in casa, con una spruzzata di panna montata e un po’ di granella di nocciole. Una squisitezza! Alla fine, non sanno nemmeno quanto chiederci e, quasi scusandosi, ci fanno pagare davvero una miseria. Per farla breve, abbiamo mangiato bene (solo la pasta era un po’ scotta ma, vabbè, comprensibile), abbiamo chiacchierato, siamo state bene e in allegria… Insomma, poche ore ad Edimburgo e l’abbiamo già eletta città del nostro cuore!

23/07: la prima tappa obbligata di oggi è il castello. Non siamo lontane e, quindi, andiamo a piedi. La salita è piuttosto ardua ma ne vale la pena. C’è un mare di gente in fila ma alla fine riusciamo ad entrare e prendere le audioguide. La visita dura circa quattro ore ed abbiamo la fortuna di assistere allo sparo di cannone dell’una. Scopriamo grazie all’audioguida che qui non sparano a mezzogiorno, come fanno altrove, a causa della leggendaria parsimonia scozzese: perché sparare dodici colpi quando possono usarne uno solo?! Il soldato che spara il cannone è divertentissimo: si presenta al pubblico, dichiara ciò che sta per fare e dice che chiunque abbia domande o voglia fare una foto con lui, è disponibile, in quanto sa di essere particolarmente fotogenico. 😂 E infatti, dopo lo sparo, si forma una lunga coda per fare la foto con lui. Per fortuna siamo tra le prime ma la gente ci passa davanti senza troppe cerimonie. Lui se ne accorge e ferma gli altri per consentirci di fare lo scatto. Dopodiché, continuiamo il nostro giro.

Mia figlia compra per ricordo un peluche in abito scozzese che si chiama Yuhu.

Alla fine della visita, scendiamo lungo il Royal Mile, tra negozi che vendono tartan, kilt e cachemire, oltre a mille souvenir, e suonatori di cornamusa. Venendo in città ci aveva incuriosito uno strano bus a due piani ed ora siamo in cerca proprio di questo per fare il ghost bus tour di Edimburgo. Questa città è molto legata alle storie di fantasmi e le mie figlie, che hanno compreso che l’approccio di questo giro per turisti è molto comico, mi chiedono di partecipare al tour. Bene, andiamo!

Così facciamo il nostro giro tra storie di fantasmi, cimiteri, racconti sulla peste e leggende varie, raccontate in modo teatrale dalla nostra guida. Io la trovo una gran scemenza ma alle mie figlie piace e diverte molto. Quando finisce, sta per piovere, e noi ci avviamo verso casa. Arrivate in Grass Market ormai piove, così mettiamo gli impermeabili leggeri che ho portato e le ragazze si divertono a giocare un po’ sotto l’acqua, prima di rientrare.

24/07: stamattina si va a fare un giro, passando per la colazione al famoso Elephant House, dove la Rowling ha scritto il suo primo libro su Harry Potter (si capisce che le mie figlie lo adorano e che piace anche a me??? 😁) e dove ci facciamo servire una golosa ed abbondante colazione (con buona pace della nostra nutrizionista che, a questo punto, si sarà arresa all’evidenza: qui l’è tutto da rifare!!!)

Poi andiamo in esplorazione della città. Prima tappa: il cimitero di Greyfriars Kirkyard. Sì, proprio così. Un cimitero. Questo è molto famoso per diverse ragioni. Una di queste è legata al celebre cagnolino Bobby, la cui statua campeggia al di fuori del cimitero. Questo cagnolino, adottato quando era solo un cucciolo da un anziano poliziotto in pensione, alla morte del suo padrone dopo soli due anni, per i successivi quattordici anni ha fatto la guardia alla tomba del suo padrone tutti i giorni, sfamato dai commossi abitanti del quartiere, ed è stato infine sepolto non lontano da lì. Altra ragione per cui questo cimitero è famoso è per l’ennesima storia di fantasmi. Qui è sepolto un tale George McKenzie, responsabile della morte di centinaia di persone, e si dice che il suo poltergeist infesti il cimitero. Per ulteriori dettagli ed altri racconti su questo luogo potete visitare il seguente sito: https://www.viaggiverdeacido.com/2016/01/greyfriars-kirkyard-cimitero-edimburgo.html

La cosa curiosa è che qui i cimiteri non sono luoghi sinistri nei quali andare solo per salutare i propri defunti ma sono luoghi vivi. Sì, vivi, perché su questi prati si viene a passeggiare, a leggere, a chiacchierare e persino a fare dei picnic improvvisati. Sono luoghi dotati di fascino romantico e mistero.

Le tombe sono costruite anche a ridosso delle case le quali, a loro volta, hanno finestre che affacciano all’interno del cimitero.

Da qui ci dirigiamo nuovamente sul Royal Mile ed andiamo a visitare la gotica Cattedrale di St. Giles.

Poi proseguiamo la nostra passeggiata fino alla residenza reale di Holyroodhouse, tutt’oggi utilizzata da Elisabetta II quando si reca in Scozia, generalmente nelle prime due settimane di luglio. Ovviamente in quell’occasione il palazzo è chiuso ai visitatori. Ma la regina non è qui, così noi possiamo visitare la residenza o, meglio, le stanze aperte al pubblico. Le foto sono consentite solo all’esterno. Dovremmo visitare anche il parco ma per un disguido non è possibile farlo oggi.

Vediamo le rovine dell’antica Holyrood Abbey, aderenti alla residenza reale, dal fascino pittoresco, che mi fanno tornare in mente le rovine di San Galgano, in Italia.

Poiché non abbiamo ancora visitato la New Town, ci dirigiamo al di là di Princes Street. Non è davvero nuova, questa parte della città, ma lo è rispetto alla Old Town. È una zona costruita in epoca georgiana, con un preciso progetto urbanistico ed una maglia viaria regolare, ricca di locali e negozi. Questi ultimi, però, come in gran parte del Nord Europa, chiudono alle 18,00.

Per oggi abbiamo camminato a sufficienza, così torniamo a casa, sempre a piedi: il centro di Edimburgo si può girare tranquillamente senza mezzi, per le sue dimensioni, sebbene le alture sulle quali è costruita la rendano talvolta impegnativa da affrontare. Ma ci si fa presto l’abitudine.

25/07: ultimo giorno scozzese, ahinoi! Purtroppo la giornata non inizia nel migliore dei modi, perché ci raggiunge la notizia della morte di una persona a noi molto cara e la cosa ci rattrista ed addolora profondamente. Ce la prendiamo comoda ed andiamo ad intraprendere, quasi a mezzogiorno, un breve tour che abbiamo prenotato ieri: andiamo a vedere il Mary King’s Close. I close sono degli stretti vicoli con lunghe scalinate che collegano la parte alta della città con quella bassa. Strane ed oscure leggende circolano su questi close, i loro fantasmi ed il periodo della peste. La leggenda più diffusa narra che ai tempi della peste i close siano stati murati e gli appestati lasciati morire tappati al loro interno. Secondo ciò che ci racconta la guida, al contrario, l’amministrazione cittadina si è data un gran da fare per curare i malati portandoli fuori da quei vicoli bui e maleodoranti, usati anche come fogne a cielo aperto. Due volte al giorno, infatti, alle 7 del mattino ed alle 10 di sera, gli abitanti dei close potevano svuotare i secchi con i loro escrementi e le urine in mezzo alla strada, al grido di GARDILÙ, che derivava dal francese regardez l’eau, cioè guarda l’acqua (ma quale acqua??? Era ben altro!). Tre di questi close, tra i quali il Mary King’s, nel tempo sono stati chiusi sulla sommità ed utilizzati come fondamenta per gli edifici sorti al di sopra. E poiché la legge locale vietava di abitare sotto terra, gli abitanti furono sfrattati. Ma la legge non proibiva di lavorare lì sotto, quindi c’erano botteghe e persino un mercato. Anche qui, purtroppo, niente foto.

Proseguiamo, poi, per andare a visitare il parco di Holyroodhouse. Assolutamente imperdibile.

Ci ritiriamo presto, per fare una doccia e cambiarci per la serata. Per quest’ultima sera ho prenotato una cena tipica con spettacolo di balli e musiche scozzesi. Dobbiamo trovarci prima delle 19,00 a Prestonfield Mansion. Qualcuno suggerisce di arrivarci in taxi ma c’è un bus che arriva proprio nei pressi e passa da casa nostra, sia all’andata sia al ritorno (qui gli autobus passano sempre, anche di notte): il n. 2. Stavolta mi sono procurata i biglietti del mezzo in anticipo al box office. Arriviamo a Prestonfield e veniamo accolte all’ingresso da un suonatore di cornamusa. Al tavolo siamo sedute insieme ad una famiglia australiana: padre, madre e una figlia, molto simpatici. La cena tipica prevede anche l’assaggio del famoso haggis, piatto della tradizione locale. Si tratta dello stomaco della pecora riempito con cuore, polmone e fegato dello stesso animale, macinati con cipolla, grasso di rognone e spezie. Al solo sentirne la descrizione sembra disgustoso, e invece è davvero una delizia, lievemente piccante.

Dopo cena inizia lo spettacolo, inclusa una breve lezione di ceilidh (si pronuncia keili), ballo tradizionale che a me ricorda tanto la quadriglia, nella quale siamo coinvolte anche io ed una delle mie figlie (l’altra si rifiuta di partecipare, perché si imbarazza). E poi canti, balli, la famosa sword dance e musica di cornamusa. Insomma, una bella serata scozzese! Ma come tutte le belle cose anche questa finisce, per cui ci dirigiamo alla fermata del bus ed aspettiamo di rientrare. Anche quest’avventura sta giungendo al termine. Ma la Scozia e la cordialità ed il calore del suo popolo ci resteranno per sempre nel cuore ❤️