In amicizia, vi lasciate coinvolgere o preferite rimanere distaccati?

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Ebbene sì, lo confesso: quando voglio bene a qualcuno non sono capace di restare completamente distaccata.  Mi lascio coinvolgere, soffro se un’amica cara o un amico caro soffrono. Riesco a mantenere un certo grado di lucidità, sì, ma cerco di rendermi utile e di far sentire il mio amore quanto più possibile. Anche solo per offrire una spalla su cui piangere o un abbraccio avvolgente. Ed allo stesso modo mi piace condividere i bei momenti e ridere insieme fino alle lacrime, fino a quando i crampi agli zigomi e alla mascella sono così forti da farmi temere una paresi facciale, come una novella Joker. Eppure, non siamo tutti uguali. Per carattere o per esperienze particolari, alcune persone, pur volendo bene ai propri amici, non riescono e non vogliono lasciarsi troppo coinvolgere. Essendo io completamente diversa da costoro, sotto questo aspetto, trovo quest’atteggiamento poco comprensibile. È come se volessero difendersi da eventuali ferite, proteggersi dalla vita stessa. Forse hanno ragione loro, che soffrono meno ed osservano tutto da un punto di vista più distante e, quindi, più oggettivo. Forse… Eppure io lo trovo triste. Trovo fondamentale lasciarmi contaminare dalla vita, pur riuscendo a dominarla, come una malata cronica. Non vorrei mai doverla osservare da lontano. E voi? Cosa ne pensate?

Dedicato a certi sindaci e a coloro che li votano…

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Oggi mi sono imbattuta nel Libro VIII de La Repubblica di Platone. Molti elementi ricordano gli eccessi della società attuale e gli errori che ne conseguono. Purtroppo, sembra di leggere la descrizione di taluni nostri politici, anche sindaci, la dabbenaggine di alcuni elettori e gli interessi di altri. A tutti costoro dedico questo abstract:

<<(…) quando una città democratica, assetata di libertà, viene ad essere retta da cattivi coppieri, si ubriaca di libertà pura oltre il dovuto e perseguita i suoi governanti, a meno che non siano del tutto remissivi e non concedano molta libertà, accusandoli di essere scellerati e oligarchici (…) E ricopre d’intenti (…) coloro che si mostrano obbedienti alle autorità, trattandoli come uomini di nessun valore, contenti di essere schiavi, mentre elogia e onora in privato e in pubblico i governanti che sono simili ai sudditi e i sudditi che sono simili ai governanti. (…) un padre si abitua a diventare simile al figlio e a temere i propri figli, il figlio diventa simile al padre e pur di essere libero non ha né rispetto né timore dei genitori (…) In una tale situazione un maestro ha paura degli allievi e li lusinga, gli allievi dal canto loro fanno poco conto sia dei maestri sia dei pedagoghi; insomma, i giovani si mettono alla pari dei più anziani e li contestano a parole e a fatti, mentre i vecchi, abbassandosi al livello dei giovani, si riempiono di facezie e smancerie, imitando i giovani per non sembrare spiacevoli e dispotici. (…) chi è stato messo a capo del popolo, se incontra una massa troppo obbediente, non si astiene dal sangue dei concittadini, ma con false accuse, come accade di solito, trascina l’avversario in tribunale e (…) manda in esilio, condanna a morte e proclama cancellazioni di debiti e divisioni di terre. Non è forse inevitabile che dopo queste azioni un individuo simile sia destinato a cadere vittima dei suoi nemici o a diventare tiranno, trasformandosi da uomo in lupo? (…) Ecco colui che lotta contro i possessori di beni! (…) nei primi giorni e in un primo tempo non rivolge forse sorrisi e saluti a tutti quelli che incontra? Non nega di essere un tiranno e non fa molte promesse in privato e in pubblico? Non condona i debiti, non distribuisce la terra al popolo e ai suoi accoliti e non finge di essere mite e affabile con tutti? (…) Ma quando, credo, si è liberato dei nemici esterni accordandosi con gli uni e annientando gli altri, e da quel lato può stare tranquillo, comincia a suscitare guerre in continuazione, affinché il popolo abbia la necessità di un capo. (…) E anche perché i cittadini, impoveritisi per i tributi che devono versare, siano costretti a vivere alla giornata e pensino meno a cospirare contro di lui? (…) E magari per eliminare con un pretesto, consegnandoli ai nemici, coloro che sospetta abbiano uno spirito troppo libero per lasciarlo governare? Per tutti questi motivi il tiranno non deve per forza scatenare sempre una guerra? (…) Ma facendo questo non è facile che venga ancora più in odio ai cittadini? (…) Quindi anche quelli che l’hanno aiutato a prendere il potere e si trovano in una posizione di forza, o almeno i più coraggiosi, parlano con franchezza a lui e tra di loro, criticando il suo operato? (…) Perciò il tiranno deve eliminarli tutti, se vuole dominare, finché non gli rimane nessuno né tra gli amici né tra i nemici che valga qualcosa. (…) Egli si trova implicato in un dilemma (…) che gli impone di vivere con una massa di mediocri, dai quali per giunta è odiato, oppure di non vivere. (…) Ma quanto più si renderà odioso ai cittadini con questo comportamento, tanto più avrà bisogno di guardie del corpo numerose e fedeli (…) Ma chi saranno questi uomini fedeli, e da dove li farà arrivare? Se darà una mercede, (…) molti verranno a volo spontaneamente. (…) fuchi stranieri d’ogni razza! (…) E dal suo stesso Paese chi verrà? Il tiranno non vorrà forse (…) togliere gli schiavi ai cittadini, liberarli e farne le proprie guardie del corpo? Certo (…) perché costoro gli sono assolutamente fedeli. (…) E sono questi (…) i compagni che lo ammirano e i nuovi cittadini che lo attorniano, mentre le persone oneste lo odiano e lo evitano? (…) se la città ha un tesoro sacro gli darà fondo, e finché il ricavato della vendita sarà sufficiente imporrà al popolo minori tributi. (…) E che cosa succederà quando queste ricchezze verranno meno? (…) il popolo che ha generato il tiranno manterrà lui e i suoi compagni (…) >>

La buona letteratura fantasy è anche italiana!

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È vero, non sono un critico letterario. Ciò nonostante sono una grande lettrice. In passato avevo una particolare predilezione per il fantasy che non si è mai del tutto sopita. È quindi da lettrice che vi parlo.

Ho letto decine di libri appartenenti a questo genere e mai, prima d’ora, mi ero imbattuta in un autore italiano.

Nell’agosto del 2013 ho partecipato, insieme alle mie figlie – che all’epoca non avevano ancora compiuto 6 anni – alla prima edizione del Sif (Salerno in fantasy). Si tratta di una simpatica manifestazione dedicata agli appassionati del mondo fantasy: vi si svolgono rappresentazioni, convegni a tema, giochi, tornei ecc. Vi sono anche dei piccoli stand che ospitano disegnatori, scrittori, costumisti e truccatori o dedicati alla vendita di oggetti vari. Girovagando e curiosando tra gli stand, io e le mie figlie ci siamo imbattute in quello che ospitava un simpatico scrittore che presentava il suo libro – “Darkwing, La Spada dai Sette Occhi” – e all’interno del quale faceva bella mostra di sé un enorme spadone grigio (di plastica, vabbè, ma non sottilizziamo… ) che fece la gioia delle mie principesse guerriere. Restammo lì a giocare un po’, brandendo la spada e facendo foto in pose plastiche, ed infine acquistai il libro, nella convinzione che i giovani autori italiani vadano comunque aiutati e vada data loro una chance per farsi conoscere.  In quell’occasione, in verità, ci facemmo conoscere noi, ridendo e scherzando come nostra abitudine, tanto da guadagnarci una simpatica dedica dell’autore!

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Da quel giorno, però, presa da altre cose, impegni e letture, non avevo ancora avuto modo di leggere il libro e solo durante le vacanze di Natale appena trascorse ho deciso di riprendere questo genere di lettura. Con grande gioia, mi sono ritrovata immersa in una storia fresca, scritta con leggerezza, in cui si percepisce costantemente il senso di meraviglia del protagonista, quasi ingenuo e per niente eroico, sebbene eroe sia davvero. A differenza dei protagonisti di tante storie, perennemente angosciati e schiacciati dalla responsabilità di essere buoni per forza, quest’uomo che si è dato anche un nome ridicolo – Duckwing, “ala di papero”, a differenza del Darkwing, “ala oscura” – appare quasi incosciente e scanzonato, nella sua grande bontà d’animo non costruita ma spontanea. Si prende poco sul serio, quasi sottovalutando le proprie potenzialità e non sentendosi al centro del destino dell’universo (o degli universi, in questo caso…). Il tutto rende la lettura gradevole, non opprimente. Antieroe per eccellenza ma assolutamente eroico nel suo essere semplice! Forse questo, vivaddio, tradisce la sua italianità…

Bene, messer Davide Cencini, non vedo l’ora di recarmi in libreria per avere il secondo libro e leggere il seguito della storia!

Quando cambiare residenza diventa un incubo!!!

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Ma non avevano snellito, anni fa, la burocrazia??? Se non erro, la semplificazione avvenne nel 1997 con la Legge Bassanini. E come mai, oggi, il semplice cambio di residenza è diventato roba da far concorrenza a “Le dodici fatiche di Asterix” (http://m.youtube.com/watch?v=foHQFg3pVK4)? O è solo il Comune di Salerno che rende complicate anche le cose più semplici? Ecco cosa è richiesto, qui, per cambiare casa:

1) Ricevuta TARSU (della casa in cui si va ad abitare??? Ma se non era abitata non c’è ricevuta, o sbaglio? Se era abitata da altri, devo rintracciarli e farmi dare le loro ricevute?… Bah!)

2) Contratto di locazione o atto di acquisto e/o comodato d’uso registrati;

3) Almeno due contratti o bollette di acqua/luce/gas (per avere i contratti devo PRIMA avere la residenza… Come faccio, quindi??? È il cane che si morde la coda…)

4) Carta d’identità;

5) Patente di guida di tutti i componenti il nucleo familiare;

6) libretto/i di circolazione (se proprietari di autoveicoli, motocicli ecc.);

7) è necessario, inoltre, esibire contratto di locazione o di proprietà o dichiarazione dell’ospitante (non è lo stesso del punto 2?)

Funziona così ovunque, anche negli altri Comuni italiani?

Insomma, si fa prima ad abitare in una casa abusivamente… O a trasferirsi all’estero!!!


Trenitalia: quando le cose funzionano.

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Siamo talmente abituati alle cose che non funzionano, che ci meravigliamo quando accade il contrario. Talvolta, però, gli elementi che funzionano ci sono e vanno evidenziati tanto quanto quelli che non funzionano. Mi riferisco ai servizi di Trenitalia per le persone con disabilità o con mobilità ridotta. Poiché, grazie al cielo, niente mi ferma, nemmeno una gamba provvisoriamente fuori uso, durante queste vacanze di Natale ho deciso di viaggiare in treno, nonostante tutto. Mi sono fatta accompagnare alla biglietteria della stazione ferroviaria dove ho fatto i biglietti e chiesto lumi sul servizio di assistenza. Ebbene, è stato semplicissimo: ho chiamato il numero verde, ho fornito i dati del biglietto e mi hanno dato appuntamento al parcheggio della stazione mezz’ora prima della partenza del treno. Sono venuti a prendermi con la sedia a rotelle, hanno portato me e il bagaglio al binario e lì, con un carrello elevatore, mi hanno accompagnato sul treno. Lo stesso, al contrario, è stato fatto all’arrivo, dove sono venuti a prendermi e mi hanno accompagnato fino all’auto, al parcheggio. Il tutto con estrema cortesia e gratuitamente (per maggiori informazioni vedete http://www.trenitalia.com/cms/v/index.jsp?vgnextoid=67920d171b7a7310VgnVCM1000008916f90aRCRD). Ad onor del vero so che anche Italo fornisce il medesimo servizio.

La cosa, però, che mi sorprende maggiormente è quanto sia poco conosciuto questo servizio. Persino all’agenzia di viaggio alla quale mi ero rivolta mi hanno detto che dovevo recarmi personalmente alla stazione per poter usufruire di queste agevolazioni. Allora mi domando: perché siamo sempre così bravi a criticare e gridare “allo scandalo” e siamo così restii ad evidenziare gli elementi positivi ed i servizi che funzionano? Magari, invece del solito disfattismo, potremmo iniziare questo 2015 guardando alle (purtroppo ancora poche, lo so) eccellenze che ci circondano. Sono sempre dell’avviso che dia più gioia vedere il bicchiere mezzo pieno!