
Trovo che la frase attribuita ad Einstein sia la sintesi perfetta di ciò che intendo dire.
Stamattina mi sono svegliata così, con questi pensieri, domandandomi come possano le persone cosiddette “perbene” lasciare che tutto accada, nella loro completa indifferenza. Poi mi sono accorta che, in fin dei conti, anch’io ero così fino a non molto tempo fa, fino a quando cioè non ho sperimentato la crudeltà sulla mia persona e sulle mie figlie, nell’indifferenza generale: non solo dei cosiddetti amici ma, addirittura, della mia famiglia. Tutti presi nel dire: <<Vabbé ma sono cose vostre, noi non c’entriamo, siamo amici di tutti, una cosa non c’entra con l’altra… >>. Tutti concentrati nel cercare di sembrare super partes e buoni ad ogni costo, civili laddove civiltà non ve n’è, tutti gran signori. Ma allora la domanda è: cosa vuol dire essere persone di sani principi, persone serie e corrette? Accettare le peggiori aberrazioni degli “amici” nei confronti di altri (tanto a loro non tocca) e addirittura compatirli per le follie se non appoggiarle, dimostrando così la loro amicizia? Conosco questo modo di pensare, per tanti anni è stato anche il mio: <<In fin dei conti non è cattivo/a, sta solo passando un brutto momento. Passerà! Intanto io resto vicino: non sia mai detto che non sono una vera amica, che abbandono nel momento del bisogno chi ha sbagliato>> e, così facendo, ho giustificato i soprusi sui più deboli. Ma quando sono diventata così? A 15 anni ero Don Chisciotte, mi ergevo a paladino dei deboli, fregandomene del politicamente corretto per combattere contro le ingiustizie. Poi, un poco alla volta, mi sono persa, mi sono adeguata alla mentalità della massa civilmente ipocrita che mi circondava, che mi diceva <<Chi te lo fa fare? Tanto tu combatti e nessuno ti segue. Tutti che ti dicono di andare avanti tu per prima per poi lasciarti sola. Non è meglio farsi i fatti propri e campare tranquilli? Avere buoni rapporti con tutti ed un sorriso (ipocrita) davanti a tutti e tutto. Questa è l’amicizia, il vivere civile, il compromesso>>. E mi sono persa… Per poi riaprire gli occhi, gradualmente, dopo trent’anni, dopo aver deciso di fregarmene di chi fa battutine e sorrisini di condiscendenza alle mie spalle senza accorgersi che non è degno di camminare a testa alta. Io mi sono ripresa lentamente quella dignità, e non sono più disposta a barattarla con la “neutralità”, ho scoperto che posso smettere di voler bene alle persone che non sono quelle che credevo. E allontanarle dalla mia vita. Ho selezionato o trovato amici veri, sempre vicini e mai ipocriti, a prescindere dalla “convenienza”, pronti anche a dirmi all’occorrenza che sbaglio. Ma anche pronti a difendermi a spada tratta. E così faccio io con loro. Senza inutili paranoie.
Ma poi, cosa vuol dire neutralità? Siamo davvero sicuri che sia una cosa buona, una cosa lodevole? O è solo codardia ed indifferenza? Ad esempio: se un’amica percuotesse quotidianamente i figli, in maniera brutale, sarebbe giusto provare solo garbatamente a parlargliene e, non vedendo alcun cambiamento, fingere di niente e continuare a considerarla amica? Magari dicendo che, a parte questo difetto, è una brava ragazza e le si vuol bene? Ma allora quali sono le cattive persone? Come si fa ad accettare una cosa del genere e continuare a considerare quella persona degna della propria amicizia? Come si può dimenticare il benessere di quei bambini, seviziati nell’indifferenza generale, anche di chi dice di amarli? Oppure: quante coppie si separano? C’è chi lo fa in maniera più o meno civile (pochi, purtroppo) e chi inizia a tormentare in maniera evidente e persistente ex coniuge e figli, privatamente e pubblicamente, per punirli, creando loro seri problemi, psicologici e perfino fisici. Cosa fanno gli amici e, spesso, anche i parenti? Ne restano fuori, sono cose che non li riguardano: <<In fin dei conti sono fatti vostri, noi siamo amici di entrambi, non ci riguarda>> e, intanto, gradualmente, allontanano la parte vessata, debole (dando di quando in quando il finto contentino di una telefonata per mostrare la propria buona fede sempre e comunque, perché loro sono “buoni”, sono “amici”) per non diventare anche loro bersaglio del prepotente di turno o per non sembrare incivili. Non sia mai detto! Come si può continuare a frequentare persone prive di qualsiasi senso morale? A mio avviso, vuol dire non avere dignità! Qual è il confine tra discrezione e indifferenza? E così si continua a giustificare e perpetrare quest’ultima.
Ma lo stesso discorso si può fare per gli Stati neutrali. Non combattono, non entrano mai in guerra, si fanno i fatti loro e prosperano mentre gli altri si scannano. Di fronte a repressioni sanguinarie, dittature, popolazioni intere che soffrono non intervengono, si voltano semplicemente dall’altra parte e non guardano, fingendo che non accada mai nulla. E si sentono migliori, superiori solo perché non fanno la guerra a nessuno, non si sporcano le mani? Talvolta è solo con la guerra e le rivoluzioni che si possono ottenere la pace ed i diritti umani, combattendo per ciò in cui si crede, per schierarsi dalla parte dei più deboli e indifesi.
(Purché, ovviamente, pace e diritti della persona non siano utilizzati come scusa per coprire fini ed interessi reconditi delle azioni belliche…)
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