I figli adolescenti e la difficoltà di crescere.

Stasera mi sono trovata a riflettere lungamente. Come molti di voi sanno, ho due figlie, gemelle. Sono due ragazzine in gamba, molto diverse tra loro ma posso dirmi una mamma fortunata. Una è generalmente disordinata, apparentemente pigra, ma quando si decide e si rimbocca le maniche sa essere precisa come pochi. Ha una straordinaria intelligenza, molto versatile e creativa, è eclettica ed ha un gran senso estetico e buon gusto in fatto di moda e abbigliamento. È sincera ed affettuosa, anche se cerca di mascherarlo, ed è dotata di una straordinaria ed innata generosità. Ha grandi capacità comunicative ed un grande umorismo che la rendono estremamente simpatica. È molto portata per le arti grafiche, per la musica e gli strumenti, specialmente la chitarra che suona con gran passione. Ama recitare e scrive molto bene, ha una voce dolce e melodiosa ma si vergogna di cantare in pubblico. Oltre alla chitarra, suona il flauto traverso e si accinge a studiare il basso e la batteria. Ancora non ha deciso cosa “vuol fare da grande” ma intanto spazia con i suoi interessi in molteplici attività. Purtroppo ha una scarsa considerazione di sé, il che la rende scontrosa con gli adulti e fa sì che faccia di tutto per farsi accettare dai suoi coetanei, tra i quali è piuttosto popolare. Non si sente bella perché ha un fisico giunonico che non la fa sentire esile come un fuscello, come si vorrebbe vedere, eppure è bella davvero ed ha un viso meraviglioso ed un sorriso che illumina ogni stanza in cui entra. Decisamente non passa inosservata. Spesso, la sua stessa insicurezza e l’ostinata capacità di trattenere le lacrime la rendono bersaglio di atteggiamenti di sufficienza, di critiche e giudizi da parte degli adulti che non solo non servono a cambiare il suo rapporto con l’ordine ed i “doveri” ma la deprimono oltremodo, facendola sentire sempre inadeguata e rischiando di farla arrendere. Vive un profondo conflitto con la sorella: la adora ma ha la sensazione, non sempre sbagliata, che molte persone mature la preferiscano a lei, perché è più ubbidiente. Oltre a tutto questo, pur avendo la media superiore al 9, a scuola, non si sente brava perché sua sorella ha la media quasi del 10 e tutti non fanno che lodarla. L’altra figlia è, appunto, molto brava a scuola, perché riesce a concentrarsi profondamente ed ha un’eccellente memoria per tutto ciò che legge, ed è appassionata di conoscenza. Si sente giustamente sicura del proprio aspetto ma poi, magari, si dispera a causa dell’acne tipica dell’età. Sa cosa vorrà “fare da grande” sin da quando aveva 3-4 anni: la cantante e, se non dovesse riuscire, vuole comunque lavorare in ambito musicale. Suona il violino ed il pianoforte e si esercita costantemente con il canto. Crede di non saper disegnare ma non è vero. È precisa, meticolosa, piuttosto ordinata e quasi maniacale nel suo rigore, estremamente disciplinata, anche con il suo fisico che cerca di mantenere sempre in forma. Molti adulti le fanno quasi pesare che si aspettano da lei grandi risultati, come il Nobel in qualche ambito, poiché conosce molte cose, per la sua età, specie in ambito scientifico. È appassionata di lingue: ha imparato, da sola, diverse frasi in coreano, giapponese e qualcosa in thailandese. Va bene in francese e sta diventando davvero brava a comprendere e parlare l’inglese, che adora. Si è convinta di essere meritevole di amore solo grazie allo sviluppo di queste capacità e per questo si spaventa se il suo rendimento in qualche ambito non è al top, vivendo così in costante stato di stress emotivo. Quando esprime le sue passioni adolescenziali per i suoi gruppi musicali preferiti, però, viene guardata come un’aliena, come se non dovesse avere gli interessi di una dodicenne, e la fanno sentire in colpa perché in questo modo “spreca” i suoi talenti, alimentando le sue ansie. Mentre gli adulti ammirano le sue capacità e la sua spiccata competitività, talvolta ha difficoltà a rapportarsi con i suoi coetanei, anche per la particolarità dei suoi interessi. Questo la fa sentire sola e poco capita. È tanto sensibile e dolce, desiderosa di affetto, leale, ama le coccole ed ha un profondissimo senso della giustizia, che la porta a non comprendere come va il mondo e perché viene trattata talvolta male, quando lei vorrebbe, spesso, solo un abbraccio. Le viene detto che “non deve piangere” e si sente in colpa anche perché sovente non riesce a farne a meno. Sebbene ostenti sicurezza e le piaccia attirare l’attenzione sulle sue performance, fa di tutto per nascondere le sue fragilità e le sue paure, temendo che il suo essere umana la renda meno interessante (ed invece questo la rende ancora più interessante). Adora i bambini con cui si trasforma in una instancabile mammina e dice che da grande vorrà avere dei figli.

Lo so, sono scontata, ma adoro le mie due stelle, due dolcissime creature, con tutti i loro pregi ed i loro meravigliosi difetti, e quando le vedo tristi sono in pena per loro.

Troppo spesso ho notato che, per entrambe, il pregiudizio che le circonda, in un senso o nell’altro, è profondo e mina la loro sicurezza e la costruzione della loro identità. Così mi sono chiesta cosa posso fare. Mi sono posta delle domande che, ora, pongo a chi vorrà leggere ancora.

Che cosa rispondereste se vi chiedessero cosa desiderate di più, al mondo, per i vostri figli? Probabilmente vorreste che fossero sani e felici, come farei anche io. Ma cosa vuol dire “che siano felici”? Facciamo una serie di ipotesi.

1. “Che trovino la persona giusta con cui condividere la vita.” Ma la maggior parte delle coppie sono, poi, così felici? Sempre? Eppure quando si sono scelte hanno pensato che fossero “giuste” l’una per l’altra. Star insieme a qualcuno anche tutta la vita è necessariamente sinonimo di felicità? E se una persona scegliesse di voler essere single, vorrebbe automaticamente dire che è destinata all’infelicità? Non credo. Quindi, forse, il binomio “coppia=felicità” non necessariamente è corretto.

2. “Che siano ricchi”. Quindi tutti i ricchi dovrebbero essere automaticamente felici. Eppure nemmeno questo mi sembra corretto. Chi dice che una persona con un semplice stipendio e casa in affitto non possa essere felice? I soldi sicuramente aiutano a vivere meglio, con meno preoccupazioni, ma se i soldi sono troppi le preoccupazioni possono anche provocarle. Quindi credo che neanche “ricchezza=felicità” sia un binomio necessariamente valido.

3. “Che siano in grado di sfruttare al meglio i propri talenti naturali”. Supponiamo che vostro figlio abbia un talento incredibile per il basket, che giochi sin da bambino e che, crescendo, abbia la possibilità di entrare in una squadra prestigiosa della massima serie. Alla fine della carriera potrebbe diventare allenatore e vivere tutta la sua vita in funzione di questo sport. E supponiamo che vostra figlia sia talmente bella nonché intelligente da poter agevolmente aspirare alla carriera di modella, potendo girare il mondo e guadagnare bene. Dopo potrebbe sfruttare la sua esperienza per rimanere nel mondo della pubblicità o dello spettacolo. Questo renderebbe necessariamente felici i vostri figli? Supponiamo che sfruttino questi loro talenti perché sanno, così, di rendere felici voi genitori, perché è ciò che vi aspettate, che non sprechino le loro doti naturali. E se queste strade, invece, li rendessero frustrati e tutt’altro che felici, perché non è ciò che davvero vogliono fare? Magari vostro figlio si è stancato del basket, lo ha fatto per troppi anni (perché gli piaceva ma anche perché vi appagava) e nella vita si vede bene ad aprire una piccola attività in proprio. Magari vostra figlia non ama sentirsi un oggetto sotto i riflettori e preferisce un lavoro che la tenga a contatto con la gente, in modo da sentirsi più vera ed intrattenere rapporti autentici. A questo punto direi che anche il binomio “talento=felicità” non funzioni.

E allora cosa resta? Forse accettare che i nostri figli siano persone diverse da noi, che abbiano idee autonome su ciò che vogliono e su ciò che desiderano fare, senza giudicarli e senza forzarli. Lasciare che vivano la loro età, con gli errori e le sciocchezze e le mutevoli passioni, anche banali, che tutti noi abbiamo vissuto. Che si identifichino nei loro sogni e che combattano per realizzarli anche quando nessuno crede in loro, dando loro il nostro supporto pur mantenendoli coi piedi per terra. Ascoltandoli anche quando non ne abbiamo voglia ed entusiasmandoci con loro quando gioiscono per quella che a noi pare una sciocchezza, cercando di ricordare quando anche noi provavamo tanto ardore e desideravamo che la nostra famiglia, i nostri genitori, ci comprendessero ed appoggiassero. Cercando di arrestare l’invadenza degli adulti che, a fin di bene ma con poco tatto, si sentono in dovere di dire loro cosa dovranno fare della loro vita. Forse il segreto perché crescano come persone felici è tutto qua. Sostenerli. Non giudicarli. Non aspettarci nulla. Accettare serenamente le loro scelte e farle accettare agli altri. Perché loro non sono noi.