I lockdown italiani hanno davvero tutelato la nostra salute? I numeri dicono di no. Le statistiche del terrore.

Chi fa da sé fa per tre.

Da un anno a questa parte non si sentono che numeri apocalittici per quanto concerne il Covid-19, il Sars-Cov 2 o come preferite chiamarlo. Numeri da panico assoluto. E’ ovvio ed indiscutibile che il virus ci sia e abbia fatto (e continui a fare) danni seri e mietere numerose vittime. Mi sono domandata più volte, però, quanto i numeri che ci sono stati e ci vengono continuamente propinati possano essere posti in maniera più o meno volutamente spaventosa. Sì perché i numeri parlano, è vero, ma dicono ciò che noi vogliamo che dicano. Mi spiego meglio: i numeri, ad esempio, non spiegano se nella prima ondata di Covid, presi alla sprovvista e impreparati, i medici abbiano sbagliato le terapie, peggiorando i quadri clinici dei pazienti; non dicono che, a differenza di quanto si pensi, la mortalità non è aumentata in proporzione rispetto agli anni precedenti (https://www.tempi.it/la-mortalita-dellanno-2020-in-italia-miti-e-urgenze/) come si può leggere dalla tabella dell’ISTAT riportata di seguito.

I numeri possono sbagliare (o meglio, può sbaglaiere chi tratta quei numeri) ed indurre a scelte folli, come aver sovrastimato di 10 volte il tasso di mortalità del Covid (https://www.ilgiornale.it/news/mondo/clamoroso-errore-sul-covid-tasso-letalit-sovrastimato-dieci-1895637.html) che ha comportato lockdown generalizzati, mascherine all’aperto, vaccini pressocché obbligatori, anche a ragazzi che, di fatto, non muoiono di Covid ma di vaccino sì!

Ad ogni modo, mi domandavo quale fosse la contagiosità reale del virus, in Italia ed Europa, e la sua letalità in percentuale rispetto alla popolazione. E soprattutto mi domandavo se le scelte di chiusura totale, specie delle scuole, e di mascherine indossate sempre ed ovunque, fossero riuscite realmente a tutelare la salute di noi italiani, rispetto ai Paesi in cui tali scelte non sono state operate o lo sono state solo in parte. Dopo numerosi approfondimenti in rete, però, non trovavo le risposte specifiche che cercavo. Così ho deciso di fare da sola.

Premetto che non sono una scienziata (né medico di qualunque tipo, né biologo ecc…), non sono un politico, né un’opinionista, e non sono nemmeno un matematico esperto di statistica ma solamente un architetto, docente di arte, con la passione per i numeri e per la verità e la giustizia.

Devo fare, però, alcune precisazioni. In primo luogo, ho deciso di inseire nella ricerca non solo i Paesi dell’Unione Europea ma, anche, i Paesi europei al di fuori dell’Unione. Poi ho incluso anche altri Paesi, non europei, poiché la piattaforma arcgis inserisce, nella mappa europea, anche questi (https://who.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/10a2438e6e2e4092a8e02772c42f0f2b?ext=30,25,70,70) ed ho ritenuto di adeguarmi a tale scelta. Per verificare i dati della popolazione dei singoli Stati, mi sono riferita a quelli del 2019 pubblicati dall’ufficio federale di statistica (https://www.bfs.admin.ch/bfs/it/home.html). Laddove il sito non riportava i dati di alcuni Paesi, ho cercato altre fonti (ad es. per l’Italia l’ISTAT, per la Grecia l’ELSTAT, per l’Albania l’INSTAT ecc…). Per alcuni Paesi, specie quelli più piccoli, ho dovuto talvolta necessariamente inserire la popolazione al 2020, perché non reperibili dati riferiti all’anno precedente, oppure riferirmi a fonti fornite da Wikipedia. Inoltre, la casistica di contagi e morti è ripresa, come detto, da arcgis, alla data del 16/06/2021.

Ora vediamo insieme questi dati ed analizziamoli: le prime due tabelle presentano complessivamente, per Paesi dell’Unione Europea e per quelli Extra Unione Europea, nell’ordine, il numero di abitanti al 2019, il numero assoluto dei contagi, la percentuale di contagi rispetto alla popolazione, il numero dei decessi, la percentuale dei decessi rispetto al numero dei contagiati ed, infine, la percentuale di decessi rispetto all’intera popolazione nazionale. Ovviamente anche un solo morto è da ritenersi inaccettabile, perchè per le famiglie dei defunti il dolore è immenso, a prescindere dai numeri. Quindi, senza in alcun modo voler sminuire quei dolori, cerchiamo di capire l’oggettività dei numeri.

Quando si parla di percentuali, in realtà non esiste una vera oggettività, e spiego perché: prima di tutto non esiste uno screening sull’intera popolazione ma solo su campioni della stessa. Poi nei numeri vengono inserite persone valutate più volte (positivo alla prima settimana, alla seconda, alla terza e alla quarta, contato 4 volte, cioè come 4 persone. In realtà il positivo è sempre lo stesso, cioè 1). Infine, quando parliamo di contagi, parliamo di persone sia sane sia malate, quindi non di malati reali. Su questo dato numeri non esistono o, meglio, gli uffici di statistica e la comunità scientifica non li hanno divulgati, forse non li hanno mai neppure separati. Mi spiego meglio. Vi è mai capitato di essere risultati immuni ad una malattia, ad esempio la rosolia, senza ricordare di aver mai sviluppato la malattia stessa? In quel caso il medico vi ha detto che, essendo entrati in contatto col virus non vi siete ammalati ma il vostro organismo ha sviluppato direttamente gli anticorpi, rendendovi di fatto immuni. Non vi siete ammalati. Quindi siete rimasti sani. Oggi, col covid, si è inventata una definizione del tutto nuova, quella del “malato asintomatico”, in sostituzione del sano con anticorpi. Quindi i numeri dei contagiati non ci dicono davvero quante persone si sono ammalate. Inoltre non spiegano l’entità della malattia, cioè la gravità.

Un altro dato da tener presente, più complesso da analizzare, è la percentuale dei decessi. Facciamo un esempio: nel Paese Tizio, su 1000 abitanti risultano contagiati 100 individui, cioè il 10% della popolazione. Di questi 100 ne muoiono 30, cioè il 30% dei contagiati ovvero il 3% dell’intera popolazione. Vediamo adesso il Paese Caio, che ha lo stesso 1000 abitanti ma ben 200 contagi, cioè il 20% della popolazione. Qui muoiono 40 persone, ovvero il 20% dei contagiati ma ben il 4% della popolazione. Nel secondo caso, quindi, i contagi sono maggiori ma i deceduti, rispetto ai contagiati, sono minori rispetto al primo. Quello che fa comprendere davvero la situazione, di conseguenza, è l’ultimo dato, ovvero l’impatto del virus sull’intera popolazione. Quindi, ricapitolando, il dato dei contagi ci dice solo quanto il virus si è diffuso tra la popolazione e, di conseguenza, quanto hanno funzionato le politiche di chiusura o apertura; la percentuale dei decessi rispetto ai “malati” ci dice quanto hanno funzionato eventuali terapie su di essi; infine, la percentuale dei deceduti rispetto alla popolazione ci spiega realmente quale impatto ha avuto il virus sulla popolazione, in virtù delle politiche e delle terapie.

Sempre per cercare di semplificare la comprensione, ho suddiviso i dati in tabelle differenti: quelle con i valori assoluti di contagi e morti e quelle con i valori percentuali, a cui ho fatto seguire i relativi grafici, chiarificatori, che sono di seguito riportate. Il tutto sempre suddiviso tra Paesi UE ed extra UE.

Già analizzando questi primi valori vediamo come l’Italia, rispetto all’UE, sia seconda solo alla Francia per numero di contagi in valore assoluto, pur avendo un minor numero di abitanti e sia in assoluto il Paese con più morti tra tutti quelli dell’UE. Osservando le tabelle successive, possiamo notare che il numero dei decessi sia pressoché lo stesso del Regno Unito, che però ha un maggior numero di abitanti, e della Russia, che di abitanti ne ha quasi il triplo!!!

E’ il caso, ora, di leggere le percentuali, poiché i numeri assoluti possono portare fuori strada, in quanto non tutti i Paesi hanno lo stesso numero di abitanti. Preciso che là dove la percentuale dei decessi rispetto alla popolazione è inferiore allo 0,005% il dato è arrotondato a 0%.

Da questi dati potremmo osservare che l’Italia non è messa male, rispetto agli altri Paesi UE per numero di contagi, collocandosi in una fascia media, segno apparente che le politiche di chiusura hanno funzionato. Ma se osserviamo le percentuali dei decessi sui contagiati, si può osservare come l’italia si collochi al terzo posto, solo dietro a Bulgaria ed Ungheria. Come spiegato, questo dato indica che le cure apportate ai malati evidentemente non hanno funzionato. Infine l’ultimo dato, la percentuale dei decessi rispetto alla popolazione: l’Italia si colloca al 6° posto su 27, dietro a Ungheria, Repubblica Ceca, Bulgaria, Slovacchia e Belgio. Da questo dato si potrebbe affermare che, poiché le cure (o la politica sulla vigile attesa) non hanno funzionato granché, quel che ci ha salvato è stata la scelta di chiudere tutto. Questo avrà parzialmente salvaguardato la nostra salute ma ci ha portato sull’orlo della bancarotta, alla mercé delle economie più potenti. Ma in questa sede non si parla di questo.

Quel che vorrei analizzare sono i dati della famosa (o famigerata, a seconda dei punti di vista) situazione della Svezia, oggetto di tante polemiche. Osserviamo le percentuali: si tratta del terzo Paese UE per numero di contagi, com’era prevedibile dal momento che non hanno chiuso niente ed hanno lasciato liberi i cittadini di decidere se indossare le mascherine oppure no. Essendo così alto il numero dei contagi, proporzionalmente diminuisce il numero dei decessi: questo dato potrebbe sembrare ovvio, da ciò che ho spiegato prima, ma così non è, perché questo vuol dire anche che le politiche sanitarie e le terapie, in Svezia, hanno funzionato. Vediamo infine la percentuale dei decessi rispetto alla popolazione: la Svezia si colloca al 13° posto, quindi ben oltre l’Italia, per questo dato. Ciò significa che oltre ad aver avuto un numero di decessi nettamente inferiore a noi, la Svezia non ha condannato i propri cittadini al collasso economico. Lo stesso discorso vale per molti Paesi UE. Ma di seguito analizziamo anche la situazione negli altri Paesi extra UE.

A questo punto ogni altro raffronto sembra superfluo, poiché sarete tutti in grado di farli da soli. Anche rispetto a molti altri Paesi pare che la politica italiana sia stata fallimentare, tutt’altro che faro illuminante rispetto al mondo intero, come hanno cercato di farci credere, così come le politiche sanitarie che hanno cercato e cercano di legare le mani alle cure dei medici, che improvvisamente si vedono costretti a rinunciare alle terapie fatte davvero in scienza e coscienza.

C’è, a questo punto, da chiedersi il perché di tutto ciò. I nostri politici sono solo degli inetti che si sono lasciati domare e dominare dalla paura, da teorie più fantascientifiche che scientifiche, o erano davvero in malafede, per costringere gli italiani a vaccinarsi, nonostante il Consiglio d’Europa, con la risoluzione n. 2361/2021 ne vieti l’obbligo o la discriminazione dei lavoratori o di chiunque decida di non vaccinarsi? Oppure una parte è stata in malafede ed è riuscita, attraverso la paura, a convincere i più pavidi a cedere? Non so, chi può dirlo? Certo è che l’Italia ha di fatto violato la risoluzione europea, costringendo per legge tutto il personale sanitario e sociosanitario pubblico e privato a vaccinarsi mediante il D.L. 01/04/2021 n. 44, recante “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazione anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici”, in cui si obbligano i “Medici e gli Odontoiatri, ove siano datori di lavoro di personale dipendente con qualifica di esercente la professione sanitaria e/o operatore di interesse sanitario (…) alla trasmissione dell’elenco di detto personale con indicazione della relativa residenza.” Non sono nemmeno avvocato o giurista, per cui non sono in grado di dire se lo Stato italiano potesse emettere una legge del genere in contrasto con la risoluzione europea ma a me questi toni (trasmettere la residenza dei propri dipendenti allo Stato…) fanno accapponare la pelle. Non so a voi.