Riflessioni sulla Festa della Repubblica

Corrieregiugno46

Come tutti ben sappiamo, lo scorso 2 giugno c’è stata la Festa della Repubblica. In quell’occasione un’amica e collega mi ha inviato un link alla canzone di De Gregori, Viva l’Italia, augurandomi una buona Festa. E’ seguito un breve scambio di opinioni, le mie più amare, le sue più fiduciose. Ve lo ripropongo, poiché ritengo che possa costituire un valido spunto di riflessione.

L.: Buona Festa della Repubblica

S.: Ormai sono in polemica con lo Stato italiano

L.: E hai ragione, noi siamo quelli dell’Italia che resiste. Noi siamo stati colpiti al cuore, troppo lucidi per non vedere, troppo, a volte con grande difficoltà, pesanti per cedere. E niente, viva l’Italia lo stesso, viva l’Italia che resiste.

S.: 😒 Io non ci credo più!

L.: Credimi, anche se dici non crederci più, parli, agisci, lavori, respiri come una che ci crede ancora.

S.: Come una che cerca di mantenere un minimo di onestà, nonostante lo schifo che la circonda. Per questo non mi sento rappresentata dallo Stato italiano, per questo non appena possibile andrò via. E se non riesco io, farò di tutto perché riescano le mie figlie. Oggi non è una festa, è una commemorazione. Vabbè, scusa. Te l’ho detto che sto in polemica…

L.: Invece non ti devi scusare, anzi. Oggi si festeggia una nascita. In settanta anni le violazioni sono state tante e reiterate. Questa non è l’Italia che avevano in mente i padri costituenti. Ma fu un grande sogno, fu una grande rivoluzione, e se ritrovassimo quello stesso slancio e quello stesso orgoglio ancora si potrebbe fare qualcosa. Però la polemica la capisco alla grande 😙

S.: L’Italia ha tradito i suoi sogni, perché il popolo italiano è un popolo senza palle. Preferiamo le chiacchiere da salotto e polemizzare, appunto, ma quando è il momento di agire, anche per le piccole cose, nessuno ha l’orgoglio di alzare la testa, di dire no, di dire basta. Siamo sempre pronti a dire: “Ma chi me lo fa fare? Attacca il ciuccio dove vuole il padrone…” Ognuno guarda solo il proprio orticello. L’ho fatto anch’io, talvolta, e in parte lo comprendo. Perché fare don Chisciotte è inutile e avvilente, perché si combatte soli e con lo sguardo addosso degli altri carico di pietà. Ma ho pietà per chi, invece, non è capace di far sentire la propria voce, di chi non ha più sogni per cui lottare. Se la voce che si alza non fosse una sola, quella di un matto sognatore, diventerebbe un coro. Ma l’Italia non conosce nemmeno più il coro del proprio inno nazionale… Che tristezza. L’Italia non è nemmeno più alla deriva, è un paese che affonda e va lasciato al suo destino. Cercare di salvarlo, ormai, di salvare gli italiani dalla propria mentalità becera, è inutile accanimento terapeutico. Ci si deve saper arrendere…

L.: Eppure, a me che ti osservo, tu non sembri arresa. Insegni alle tue figlie la bellezza, insegni ai tuoi alunni la serietà, che non manca del sorriso, insegni a me che dalle cose difficili si può uscire a testa alta. Insomma, cazzarola, se tutti fossero arresi come te, questo sarebbe un mondo perfetto. Sono felice di averti incontrata, tu non lo sai forse, ma sei una formidabile resistente.

S.: Confesso… Mi hai fatto piangere con queste poche righe. Grazie. Sono una donna fortunata 💖

E’ vero che mi sono commossa. Talvolta io stessa non mi rendo più conto di essere ancora in grado di combattere, penso di essermi arresa, perché sono sfiduciata. E guardarmi per una volta con gli occhi di un’altra persona, una persona che stimo moltissimo e a cui voglio un gran bene, mi ha fatto comprendere che per fortuna ho solo cambiato obiettivi, perché sono convinta che si debba solo andar via, ma sono tutt’altro che doma! Successivamente a questo breve scambio di battute, di cui nessuno era a conoscenza, sono stata inaspettatamente smentita sulla solitudine del mio essere don Chisciotte, trovando appoggio e solidarietà per una piccola battaglia di principio e onestà in cui credevo sarei rimasta sola. Sarebbe bello poter credere che fosse solo l’inizio, che un po’ alla volta tutti fossero capaci di ricordare la propria dignità, di sollevare la testa, di sollevarsi, che tutti ricordassero che lo Stato siamo noi, e che non dovrebbe essere possibile essere nemici di se stessi. Il nostro Stato, invece, ci è nemico, e noi abbiamo smesso di essere un Popolo, se mai lo siamo stato. Purtroppo, resto convinta che questo sia un Paese allo sfascio, in quanto costringe i giovani con un minimo di ambizioni ad andar via, laureati di belle speranze a fare lavori umili, attività e studi professionali a chiudere, famiglie a non potersi permettere di avere figli e doversi occupare in solitudine dei propri anziani e malati. I delinquenti sono tutelati mentre le persone per bene sono tartassate… E i nostri governanti si permettono anche di giudicarci, chiamandoci bamboccioni nella migliore delle ipotesi. Provo tanta amarezza.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi…

Sono tornata… Ovvero: io speriamo che me la cavo

2016-06-11 00.06.58

Finalmente, dopo tanti mesi, ho deciso di tornare a scrivere… Poiché scrivo su questo blog esclusivamente per hobby, la frequenza dei miei articoli segue il mio umore, la mia voglia di scrivere ed il tempo che ho a disposizione. Dopo tutto, se così non fosse sarebbe un lavoro, piuttosto che un hobby! 😜

Oggi ho voglia di scrivervi della mia bellissima esperienza di quest’anno. Dovete sapere che anch’io faccio parte della larga schiera di docenti assunti la scorsa estate e mi sono trovata a fare l’anno di prova in una scuola di Castellammare di Stabia. Sono arrivata in un luogo che non conoscevo, in una scuola messa non proprio bene, trovando tante cose che non funzionavano benissimo e, secondo la mia prima impressione, un’apparente ostilità (ma confesso che la prima ad essere ostile ero io nei loro confronti, vedendo che le cose funzionavano in maniera così disordinata). Eravamo in tanti ad essere nuovi: 5 neoimmessi, diversi docenti che per la prima volta erano giunti di ruolo in quella scuola, alcune assegnazioni provvisorie, tutti un po’ spaesati… Persino la dirigente era neoassunta ed aveva preso servizio insieme a noi. La situazione familiare e personale di molti allievi era veramente difficile, scarsissime la disciplina e l’educazione (non solo dei ragazzi ma anche di parte del personale…). Insomma, dopo i primi giorni il mio unico pensiero era come scappare via da quella scuola. Ma, come nel film tratto dal libro Io speriamo che me la cavo, di Marcello D’Orta, ora che sta finendo l’anno e so che dovrò andar via, lascio in quella scuola un pezzo del mio cuore. Ma procediamo con ordine…

Cos’è avvenuto, dopo quei terribili primi giorni di lezione? Forse nulla di straordinario, o forse di straordinario c’era tutto. Dipende da quale punto di vista si osservano le cose… Talvolta, è semplicemente la vita ad essere straordinaria, come lo è la capacità di molti di noi di saper solidarizzare nelle situazioni difficili, la capacità degli spiriti affini di sapersi conoscere e riconoscere tra la gente. Ma mai avrei pensato di trovarne così tanti e così magnifici da poter chiamare amici, non più semplicemente colleghi, come invece è stato. Persone straordinarie che ho imparato ad apprezzare un po’ alla volta, non senza qualche incomprensione o dissapore, come è naturale che sia, ma con la volontà e la serenità di saper andare oltre. Ho riso con un gruppetto di loro fino alle lacrime, con un affetto profondo che ci ha legato; ho fatto conoscere il mio spirito battagliero che ho riconosciuto anche in tanti colleghi; ci siamo spalleggiati nelle difficoltà, abbiamo condiviso amarezze e trionfi, la gioia di veder progredire alcuni alunni difficili e il dispiacere di non riuscire ad aiutarne altri. Insomma, siamo diventati una squadra, una famiglia bella, grande e numerosa. Ho conquistato la fiducia, la stima e la simpatia di tanti alunni (insegnando in 9 classi, sono circa 200!!!) e contemporaneamente mi sono affezionata a quei ragazzi come fossero dei figli. Ragazzi pieni di energia, di dolcezza, di meraviglia ma, anche, pieni di dubbi, incertezze, insicurezza, solitudine. Ragazzi bisognosi di amore come di regole, di esempi come di conforto. Ed infine non posso dimenticare una splendida persona che ho avuto il piacere di conoscere in questo percorso, anche se ho avuto minori possibilità di contatto per via dei differenti impegni. Mi riferisco alla dirigente, una donna solare, piena di umanità ma assolutamente indomita, capace di far fronte alle numerose sfide di questa scuola con fermezza ma con giustizia e con il sorriso. Alla stima che ho provato e provo nei suoi confronti si unisce una istintiva simpatia, a pelle, una simpatia che mi fa dire “A me ‘sta donna piace proprio assai!

Potrei raccontare decine di aneddoti ma nulla renderebbe l’incanto che si è creato, anzi potrebbe banalizzarlo. Così mi fermo qui, accennando appena agli abbracci carichi di sincero affetto e alle lacrime di commozione di questa mattina, quando noi neoimmessi abbiamo terminato di presentare il nostro lavoro davanti al comitato di valutazione e abbiamo realizzato che tra pochi giorni, alla fine degli esami, quest’avventura sarà giunta al suo termine. Mi sento, ancora una volta, fortunata. La vita non finisce mai di sorprendermi e mostrarmi quanto il mondo sia ricco di persone meravigliose, nonostante tutto. E dunque, una parola sola dedicata a tutti voi, che avete incrociato per un po’ le vostre vite con la mia: GRAZIE!