
È vero, non sono un critico letterario. Ciò nonostante sono una grande lettrice. In passato avevo una particolare predilezione per il fantasy che non si è mai del tutto sopita. È quindi da lettrice che vi parlo.
Ho letto decine di libri appartenenti a questo genere e mai, prima d’ora, mi ero imbattuta in un autore italiano.
Nell’agosto del 2013 ho partecipato, insieme alle mie figlie – che all’epoca non avevano ancora compiuto 6 anni – alla prima edizione del Sif (Salerno in fantasy). Si tratta di una simpatica manifestazione dedicata agli appassionati del mondo fantasy: vi si svolgono rappresentazioni, convegni a tema, giochi, tornei ecc. Vi sono anche dei piccoli stand che ospitano disegnatori, scrittori, costumisti e truccatori o dedicati alla vendita di oggetti vari. Girovagando e curiosando tra gli stand, io e le mie figlie ci siamo imbattute in quello che ospitava un simpatico scrittore che presentava il suo libro – “Darkwing, La Spada dai Sette Occhi” – e all’interno del quale faceva bella mostra di sé un enorme spadone grigio (di plastica, vabbè, ma non sottilizziamo… ) che fece la gioia delle mie principesse guerriere. Restammo lì a giocare un po’, brandendo la spada e facendo foto in pose plastiche, ed infine acquistai il libro, nella convinzione che i giovani autori italiani vadano comunque aiutati e vada data loro una chance per farsi conoscere. In quell’occasione, in verità, ci facemmo conoscere noi, ridendo e scherzando come nostra abitudine, tanto da guadagnarci una simpatica dedica dell’autore!

Da quel giorno, però, presa da altre cose, impegni e letture, non avevo ancora avuto modo di leggere il libro e solo durante le vacanze di Natale appena trascorse ho deciso di riprendere questo genere di lettura. Con grande gioia, mi sono ritrovata immersa in una storia fresca, scritta con leggerezza, in cui si percepisce costantemente il senso di meraviglia del protagonista, quasi ingenuo e per niente eroico, sebbene eroe sia davvero. A differenza dei protagonisti di tante storie, perennemente angosciati e schiacciati dalla responsabilità di essere buoni per forza, quest’uomo che si è dato anche un nome ridicolo – Duckwing, “ala di papero”, a differenza del Darkwing, “ala oscura” – appare quasi incosciente e scanzonato, nella sua grande bontà d’animo non costruita ma spontanea. Si prende poco sul serio, quasi sottovalutando le proprie potenzialità e non sentendosi al centro del destino dell’universo (o degli universi, in questo caso…). Il tutto rende la lettura gradevole, non opprimente. Antieroe per eccellenza ma assolutamente eroico nel suo essere semplice! Forse questo, vivaddio, tradisce la sua italianità…
Bene, messer Davide Cencini, non vedo l’ora di recarmi in libreria per avere il secondo libro e leggere il seguito della storia!
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