Stop alla violenza contro le donne? Cerchiamo di cambiare mentalità!

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Secondo l’Eures, il numero di femminicidi nel nostro Paese è in costante crescita e, a differenza del passato, sta crescendo più al centro-sud rispetto al nord che aveva, in passato, la maglia nera. Viste le numerose campagne di sensibilizzazione che si moltiplicano col passare degli anni, c’è da domandarsi come mai, dunque, il fenomeno sia in costante crescita. Se nel 1990, infatti, le donne erano solo l’11,1% delle vittime totali, nel 2013 sono diventate ben il 35,7%, cioè sono più che triplicate in soli 23 anni! Due terzi di queste donne sono state uccise dai loro compagni o ex compagni. Nella grande maggioranza dei casi il movente è il possesso della donna “amata”.

È proprio il rapporto dell’Eures a dare parziale spiegazione alla crescita del fenomeno: ciò che scatena l’istinto omicida è, nella maggioranza dei casi, la decisione della donna di interrompere la relazione di coppia. Ma perché ciò avviene?

Perché se da un lato condanniamo, giustamente, l’orrore della violenza contro le donne di molte popolazioni nordafricane, dall’altro la nostra mentalità risente ancora in modo determinante di queste influenze, più di quanto ci piaccia ammettere. Si veda, ad esempio, il video girato dalle Iene in cui due attori, lei visibilmente legata e lui che guidava il furgone tenendola accanto, andavano in giro a testare le reazioni della gente. Quasi nessuno, pure alla richiesta di aiuto della donna, ha fatto alcunché per aiutarla: non hanno segnato il numero di targa, non hanno chiamato le forze dell’ordine, non hanno detto nulla pur assistendo ad un’evidente situazione di pericolo. Uno ha addirittura commento ridacchiando, anzi, che doveva ricordarsi che è così che vanno trattate le donne!

Ma se in passato le donne tendevano a tacere eventuali abusi o soprusi dei partner, a giustificarli, a cercare di cambiare esse stesse per “renderli felici” con l’illusione di poter finalmente ottenere il giusto riconoscimento all’interno della coppia, oggi sempre più spesso decidono di interrompere queste relazioni malate. OSANO dire basta!

Ecco perché i femminicidi aumentano: perché aumenta l’autodeterminazione della donna. Aumenta anche al sud, dove prima era inconcepibile che una donna fosse vista come entità autonoma, non dipendente dall’uomo. L’uomo non riesce ancora ad abituarsi all’idea di non essere più considerato il “capofamiglia”, il “padre padrone”; si sente messo da parte, pensa di non contare più niente. Il guaio è che sono nonne, madri, zie, sorelle, le stesse che piangono per abusi e vessazioni, ad educarli in questo modo, ad abituarli che tutto ciò sia giusto, che sia giusto che la donna soffra in silenzio.

Tutto questo deve cambiare! Solo se queste donne impareranno ad alzare la testa, ad allontanarsi dai loro aguzzini insegneranno ai propri figli, attraverso il proprio esempio, che il sopruso è inaccettabile. Solo così si insegnerà all’intera società, che ancora ipocritamente condanna la violenza pubblicamente ma la accetta o la sottovaluta quotidianamente, che non è “normale” la sopraffazione, in qualunque forma essa si presenti. Solo così questi uomini impareranno che, per contare qualcosa, dovranno comprendere, ascoltare, dialogare con la propria compagna, mai pensare di possederla. E che se una donna li lascia non è un delitto di lesa maestà. Solo così impareranno ad essere degni di essere chiamati davvero… UOMINI.

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